Guillaume Dufay. "Vergine bella che di sol vestita"

G.Dufay


Guillaume Dufay è il più diretto ed illustre continuatore della scuola francese nella prima metà del XV secolo. Dufay si è formato a Cambrai (Francia del nord). ma è considerato uno dei maggiori esponenti della scuola fiamminga, questo perché con tale termine non s'intende un'area specifica, ma piuttosto una vasta area geografica, collocata tra la Francia del nord, La Francia dell'ovest. i Paesi Bassi e con un punto di riferimento politico obbligato: il Regno di Borgogna.
La città di Cambrai è uno dei luoghi in cui, nelle grandi Cattedrali gotiche del Nord-Europa, si erano create delle feconde scuole, nelle quali veniva data ai ragazzi una cultura di base, ed in più una specializzazione musicale. Dato che nel Medioevo non esistevano delle scuole istituzionalizzate, ma solo queste "officine" dove si faceva e si imparava a fare musica, e dato che queste scuole esistevano a livelli così eccellenti solo in quest'area Franco-Belga, i più grandi musicisti dell'epoca, provenivano da lì.
La carriera di Dufay è tipica per quel periodo, sotto la protezione del Vescovo dell sua città inizia ad emergere, ancora giovanissimo, come uno dei musicisti più illustri, ricevendo scritture anche dall'estero.Infatti poco più che ventenne arriva in Italia, che al tempo era una meta ambitissima, da tutti i musicisti, per le forti retribuzioni, le possibilità di far carriera e per il fervore culturale che animava le varie corti.
Quindi i primi trent'anni di attività professionale si svolgono in Italia; egli viene a contatto con la musica e la cultura italiana che, per la saturazione dei nuovi princìpi umanistici di riscoperta dell'antica civiltà "classica", era considerata la punta di diamante di tutta la cultura europea. 
Il brano preso in esame appartiene alle nuove tendenze umanistiche italiane, si tratta infatti della canzone Vergine bella , su testo del Petrarca. Questo testo verrà musicato da molti altri compositori anche nel secolo successivo.
Nel Trecento il termine "canzone" indicava un tipo di  componimento poetico caratterizzato da uno schema metrico e formale ben preciso. Il Testo:

                                                                        
Vergine bella che di sol vestita
Coronata di stelle al sommo sole
Piacesti si che in te sua luce ascose 
Amor mi spinge a dir di te parole 
Ma non so cominciar senza tu'aita 
E di colui che amando in te si pose
                (vocalizzo)                                     
Invoco lei che ben sempre rispose
Chi la chiamò con fede
Vergine s'a mercede
Miseria estrema de l'umane cose
Già mai ti volse al mio prego t'inchina
Soccorri a la mia guerra
Bench'io sia terra e tu del ciel regina
               (vocalizzo)


Questa è la prima strofa del testo del Petrarca. Esso si divide in due parti inframmezzate da un vocalizzo, che si ripete anche alla fine: la prima è una sestina di endecasillabi, mentre la seconda è composta da sette versi in cui gli endecasillabi si alternano ai settenari.
Questa struttura metrica (6 endecasillabi //  1 endecasillabo  //  2 settenari  //  2 endecasillabi  //  1 settenario  //  1 endecasillabo) rimane costante anche nelle rimanenti strofe della canzone.
Nonostante la mancanza di rapporti diretti con la natura, la musica si adegua al "clima" e al tipo di semantica indicato dalla poesia, riuscendo anche ad illustrarlo.
Il testo viene cantato tutto sequenzialmente, cioè senza la ripetizione di alcune parole. questo è tipico della tradizione medioevale, in cui l'uso della ripetizione come rinforzo di certi termini non si era ancora sviluppato, ma è anche sintomo della tradizione umanistica, poiché si era scoperto che nell'antichità uno degli usi tipici della musica era quello della funzione con la poesia. Infatti si pensava che al tempo degli antichi greci la poesia fosse sostanzialmente "canto", sia perché aveva al suo interno delle strutture metriche che la ritmavano rendendola simile alla musica sia per il modo di recitare la poesia, che era un modo di cantare (tragedie e liriche greche).
Così il recitare poesie su moduli melodici, divenne una moda che si sviluppò nelle corti italiane, prendendo anche una connotazione di raffinatezza e di grande elaborazione. 
Su questa tendenza possiamo, quindi, inquadrare anche il brano di Dufay, che rappresentava un modo di recitare la poesia di Petrarca, illustrandola, ornandola e amplificandola con il canto.